di Gabriel Levi (a) e Maria Romani (b)
a) Professore Ordinario NPI, Università La Sapienza, Roma
b) Professore Incaricato NPI, Università La Sapienza, Roma
INTRODUZIONE
I bambini con disturbi dell’attenzione (da) possono o non possono presentare instabilità Motoria (iM). il rapporto tra da e iM viene interpretato secondo un’ipotesi developmental: in primo luogo l’iM può essere intesa come un meccanismo di difesa significativa verso il da e non soltanto come un sintomo aggravato dei da; in secondo luogo il da può essere inteso come un meccanismo attivo di frammentazione della relazione con l’oggetto e della rappresentazione dell’oggetto. sulla base di materiale clinico pertinente vengono discusse quattro situazioni cliniche in cui si configura una diversa equilibrazione del binomio da - IM
SINDROME ADHD E SVILUPPI PSICOPATOLOGICI
I bambini con Disturbi dell’Attenzione (DA) possono o non possono presentare Instabilità Motoria (IM). I DA con IM possono presentarsi come sindrome specifica (Sindrome ADHD) oppure come sintomo nel contesto di sindromi più complesse: 1.Disturbi Pervasivi dello Sviluppo (DPS) e Sindrome Border-Line Prepsicotica (BLP);
2. Ritardo Mentale Lieve (RML) e Ritardo Mentale Medio (RMM); 3. Disturbi Specifici di Linguaggio (DSL) e Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA).
Tenendo presenti queste distinzioni è utile ricordare che, secondo le stime più prudenti, la sindrome ADHD nei Paesi anglosassoni ha una prevalenza dell’1,5% (Taylor e Sonuga-Barke, 2008), mentre nel nostro Paese viene segnalata per circa 6 bambini su 1.000 (Levi, 1998).
I bambini con DA, e in particolare quelli con ADHD, presentano o sviluppano nel tempo, con frequenza impressionante, diversi disturbi psicopatologici associati. La correlazione più studiata è quella fra sindrome ADHD, i Disturbi della Condotta (DC) e i Disturbi Oppositivi Provocatori (DOP), che riguarda da 20 a 45 bambini su 100 con ADHD. Negli ultimi anni sono state considerate con crescente interesse le correlazioni fra sindrome ADHD e Disturbi Depressivi (DD), Disturbi d’Ansia (DdA) e Disturbi di Somatizzazione (DS):
– secondo molti autori (Kovacs e Lopez-Duran, 2010; Sobanski et al., 2010), l’ADHD è il precursore di un’alta percentuale di disturbi affettivi; in particolare, la labilità emotiva caratteristica della sindrome farebbe da nucleo primigenio di un percorso verso un più chiaro disturbo ansioso-depressivo;
– secondo Barkley (2000) i bambini con ADHD presentano con notevole frequenza mal di stomaco, mal di testa, dolori addominali e allergie, otiti medie e raffreddori; secondo Martel, von Eye e Nigg (2010) negli adolescenti con ADHD è largamente presente la sovrapposizione con Disturbi di Somatizzazione.
Questi ultimi dati ci portano verso alcune constatazioni decisamente nuove:
– oltre alla tradizionale e comprensibile correlazione con i Disturbi della Condotta, la sindrome ADHD ha una forte correlazione clinica sia con i disturbi di internalizzazione (depressione, ansia) in cui domina la mentalizzazione del conflitto, sia con i disturbi di somatizzazione in cui le emozioni dolorose non vengono mentalizzate ma vengono evacuate somaticamente;
– le correlazioni fra sindrome ADHD, disturbi di internalizzazione e disturbi di somatizzazione tendono a crescere nel corso dell’età evolutiva e si accentuano nell’adolescenza;
– esiste una ragionevole evidenza del fatto che, all’interno della sindrome ADHD, l’Instabilità Motoria (IM) tende a correlarsi, nel tempo, più con i disturbi di internalizzazione che con i disturbi di somatizzazione;
– i bambini con ADHD di tipo grave hanno, con più alta frequenza rispetto ai bambini normali, un padre che ha presentato ADHD e una madre che presenta una sindrome del tipo ansia-depressione.
Da queste constatazioni cliniche emerge, con chiarezza, l’esigenza di una nuova riflessione:
– la sindrome ADHD si correla, oltre che con i disturbi della condotta, anche con i disturbi depressivo-ansiosi e con i disturbi psicosomatici;
– rispetto ai modelli patogenetici noti, questi tre distinti sviluppi clinici corrispondono a strutture psicopatologiche completamente diverse fra di loro;
– anche da un punto di vista teorico, sarebbe importante capire con maggiore esattezza quale bambino con ADHD ha un rischio per la depressione, quale presenta un rischio per un disturbo della condotta e quale per un disturbo di somatizzazione.
In questa cornice di nuovi dati e di nuovi interrogativi, ci sembra possibile formulare un’ipotesi di lavoro:
– secondo il DSM-IV (American Psychiatric Association, 1996), la diagnosi di sindrome ADHD segue un modello a due dimensioni in equilibrio tra la disattenzione e l’iperattività - impulsività;
– considerando l’evoluzione della sindrome ADHD rispetto ai tre possibili sviluppi psicopatologici (disturbo della condotta, ansia-depressione, disturbo di somatizzazione), diventa interessante studiare il rapporto fra disturbo dell’attenzione e iperattività (instabilità motoria) come un rapporto polare;
– il quesito clinico centrale sarebbe: in quale modo il bambino con ADHD, giocando sulla polarità Disturbo dell’Attenzione-Instabilità Motoria, può sviluppare nel corso degli anni strutture psicopatologiche completamente diverse?
In altri termini: la polarità Disturbo dell’Attenzione-Instabilità Motoria può essere considerata come un ponte psicosomatico sempre presente e spesso determinante nella sindrome ADHD?
CASI CLINICI
Seguendo la traccia proposta, cerchiamo di esaminare diverse situazioni cliniche, in cui si configura una differente equilibrazione del binomio DA-IM:
– una situazione in cui il DA tende a essere ridotto dall’IM attraverso un meccanismo di filtro psicosomatico;
– una situazione in cui il DA tende a bloccare le capacità di movimento, manipolazione ed esplorazione;
– una situazione in cui l’IM tende a sollecitare un gioco di attenzione-disattenzione, come tentativo paradosso di mentalizzazione;
– una situazione in cui il DA tende a diventare incontenibile e mentalmente distruttivo, a causa dell’IM pervasiva.
Per tutte queste osservazioni cliniche, la chiave di lettura proposta è quella della polarità DA-IM, intesacome una polarità fra un tentativo di somatizzazione e un tentativo di mentalizzazione.
Luigi (5 anni)
«Da tre anni ogni mese che passa diventa più agitato, sempre in movimento», «È come se avesse sempre bisogno di stancarsi… Però quando è stanco fa compassione, perché sembra malato… Quando è triste sembra scaricato…». Fino ai due anni, Luigi ha presentato insonnia grave; dai 15 ai 36 mesi ha esibito manifestazioni asmatiche frequenti, che si sono bruscamente interrotte. È un bambino che riesce a mantenere la vigilanza, l’attenzione, la continuità e la partecipazione soltanto quando può, in qualsiasi modo, muoversi («se sto fermo non capisco…»). La sua attività motoria può essere complessa, articolata e finalizzata oppure elementare, parassita e non finalizzata; in ogni caso appare incessante e incontrollabile.
Fin quando si muove, anche se l’iperattività sembra interferire con il suo progetto del momento, Luigi mantiene l’iniziativa, la concentrazione e la relazione con l’altro: «Gira, gira, che non si capisce come non gli vengono le vertigini… deve sempre toccare tutto… Sembra un cane da fiuto… però, sa sempre trovare quello che vuole e come ottenere simpatia da chi vuole…». Luigi si distingue quando sta fermo e non riesce a controllare e focalizzare, muovendosi, il flusso di nuove percezioni: «Se non corre a toccare tutto, perde la bussola e la mappa…».
In un certo senso, utilizza l’iperattività motoria per autosostenersi; finché si muove, manipola o semplicemente riverbera piccoli movimenti, Luigi riesce a contenere le sue emozioni e a dare un contenuto ai suoi pensieri. Ha un disturbo dell’attenzione di tipo pervasivo: tende a iperattivare l’attenzione estensiva per privilegiare e scegliere le informazioni desiderate; non riesce a filtrare le informazioni utili dal flusso inarrestabile delle informazioni irrilevanti, ridondanti, ripetitive, interferenti. Con un meccanismo paradosso, utilizza l’iperattività motoria come filtro percettivo e come volante attentivo.
Manuel (5,8 anni)
«Appena si muove si angoscia, non capisce più nulla e non presta più attenzione né a quello che succede, né a quello che sta facendo…», «Preferisce chiudersi nel suo guscio e restare immobile a guardare e a pensare…», «Ha molta paura anche se vede che gli altri si muovono, soprattutto se con rapidità…», «Se deve seguire la traiettoria di un pallone, guarda in tutte le direzioni, anche quelle più improbabili».
Nel secondo anno di vita, Manuel ha presentato spasmi affettivi, con frequenza quasi settimanale. È soggetto a frequenti episodi faringo-tonsillari e a febbri ricorrenti aspecifiche. Quando riesce a conquistare una posizione ferma e stabilizzante, Manuel rimane attento anche a lungo rispetto ai giochi e alle iniziative degli altri bambini; in qualche modo riesce a seguire, dirigere e sviluppare un suo programma: «Se può stare fermo, sa come mantnere il controllo degli altri e la propria attenzione…». È un bambino che si muove molto, affettuoso e sempre a caccia di un contatto emotivo; se non riesce a catture l’interazione e l’affettività degli altri, si frustra e diventa sempre più irrequieto e iperattivo, come se volesse scappare, disperdersi e non pensare. In realtà, siccome Manuel è goffo e scoordinato, sembra che, quando resta senza un collegamento attentivo, si scomponga in tantissime piccole azioni prive di significato; l’angoscia gli cresce dentro e intorno, ma il bambino sembra incapace di conferire una direzione e un senso alle sue iniziative. In queste situazioni Manuel parla come un bambino molto più piccolo. In sintesi, Manuel pensa se sta fermo e può bloccare ogni movimento per concentrarsi; quando si muove, si angoscia e non riesce a pensare; quando si angoscia diventa instabile; quando è instabile, evacua emozioni intollerabili.
Roberto (3,6 anni)
«Finché riesce a muoversi, non sta male… è come se il movimento lo proteggesse dal dolore», «Forse non soffre perché riesce a non pensare e a distruggere le emozioni…». Roberto ha frequenti otiti medie; ha avuto anche la perforazione del timpano; accusa molto spesso, con grande angoscia, otalgie. È un bambino instancabile: se lasciato a se stesso, da solo o in gruppo, sviluppa un’attività tanto inarrestabile quanto frammentaria; «getta da tutte le parti» tantissime piccole azioni, ma non le lega in un programma coerente; se viene contrastato, la sua iperattività si riduce per quantità e variabilità e Roberto fa poche cose meno significative e più stereotipe; se l’iperattività non viene ostacolata, per quanto si mantenga elevata e dilagante, tende lentamente a diventare più integrata; compaiono alcune azioni finalizzate principali che, per quanto disturbate da interferenze motorie parassite, riescono a concludersi. In questo bambino il disturbo di attenzione consente, per quanto con difficoltà, lo sviluppo di pensieri e di legami affettivi, se e quando non risulta inflazionato dall’instabilità motoria. L’instabilità motoria viene attivata da Roberto per bloccare sensazioni traumatiche (eccitazioni interne, frustrazioni esterne), ma come contrappeso annulla in lui la possibilità di capire e di condividere. In sintesi, per Roberto l’IM aggrava il DA; l’IM compare quando l’attenzione non può essere condivisa e direzionata e in questo caso l’IM diventa una fuga psicosomatica.
Arianna (6,10 anni)
«Da quando è piccolissima, non si fa toccare e non tocca…», «In condizioni di stress, anche minimo, prima tende a paralizzarsi come se fosse diventata di pietra e dopo comincia la tempesta dei movimenti…». Arianna è una bambina attenta e curiosa, ma non riesce a concentrarsi su nulla in particolare; per mantenere l’attenzione deve bloccare qualunque interferenza dall’esterno. Molte volte sembra che Arianna si distragga anche perché non è capace di contenere e di legare le emozioni, le fantasie e i ricordi: «È come se avesse un rubinetto interno che non sa mai come chiudere…». Le difficoltà di Arianna (disturbo di attenzione, labilità emozionale) tendono a sovrapporsi: se viene colta di sorpresa da uno stimolo imprevisto (un rumore anche minimo, un oggetto diverso, ecc.), la bambina può essere travolta dall’emozione (non sempre di angoscia) e alterna atteggiamenti di vera e propria paralisi a esplosioni di iperattività. In sintesi, Arianna non sa integrare attenzione e movimento; l’attenzione non è utilizzata né per dirigere né per arginare l’attività motoria; l’iperattività motoria non ha la funzione di una somatizzazione difensiva e neppure quella di un’evacuazione mentale. Questa bambina non è capace di «contenere» un’attenzione volontaria sostenuta e non è in grado di liberare una motricità involontaria comunque piacevole o di contatto. Con un’inquietante convergenza, Arianna presenta un eczema ricorrente molto doloroso e, in qualche modo, studia per diventare stupida, sperimentando una progressiva inibizione delle sue competenze cognitive. Da alcuni mesi la bambina lamenta cefalea.
CONCLUSIONI
Nel contesto della sindrome ADHD, i bambini che presentano DA possono o non possono presentare IM. In ogni caso va ricordato che il rapporto tra DA e IM non è stabile e assoluto (Rohde, 2008; Wood et al., 2010): molti bambini con DA possono presentare IM solo in certe situazioni o per un determinato periodo di tempo più o meno lungo. In generale il passaggio da DA a IM è messo in correlazione con due fattori attivanti: la maggiore o minore espressività clinica di un terreno sottostante costituito dal Minimo Danno Neurologico; la maggiore o minore interferenza di un contenimento affettivo improprio che può essere giocato da parte della madre e degli interagenti verso il DA.
Se sviluppiamo il discorso clinico fatto sinora, il rapporto tra DA e IM può essere interpretato in maniera molto diversa:
– l’IM, invece che come un’aggravante, può essere intesa come un meccanismo di equilibrio dinamico, o persino di difesa attiva, verso il DA;
– il DA può essere inteso come un meccanismo attivo di frammentazione della relazione con l’Oggetto e della rappresentazione mentale di esso.
I bozzetti clinici che abbiamo presentato ci consentono di inquadrare meglio le interazioni fra DA e IM nell’ambito della sindrome ADHD:
– DA e IM non sembrano essere sintomi isolati e più o meno compresenti; nell’economia più generale della sindrome ADHD sembrano essere due disfunzioni collegate e giocate in equilibrio dinamico e con diverse possibili soluzioni;
– alcuni bambini usano, anche con un certo successo, l’IM per controllare, direzionare e ridurre il DA; per altri bambini il DA sembra creare una situazione mentale catastrofica che viene scaricata, per evacuazione ma con danno psicologico, attraverso l’IM;
– alcuni bambini riducono o inibiscono, con un grande sforzo psicologico, la propria attività motoria proprio e soltanto per poter utilizzare bene l’attenzione al servizio del pensiero; altri bambini partono da un’inibizione motoria e arrivano a un’inibizione attentiva, che risulta un fattore di danno per lo sviluppo del pensiero;
– attenzione e movimento sono due funzioni mentali che, nello sviluppo normale, costituiscono un ponte fra realtà interna ed esterna e fra corpo e mente; il DA e l’IM possono favorire soluzioni molto originali nell’equilibrio fra processi di somatizzazione e di mentalizzazione.
Secondo Freud, l’attenzione e il movimento sono gli pseudopodi del sistema Percezione-Coscienza; attraverso questi pseudopodi l’inconscio cerca, lancia e riceve stimolazioni; quando la stimolazione diventa eccessiva o non coerente, gli pseudopodi possono essere ritirati e l’inconscio mantiene delle difese protettive. Questa ipotesi è di grande interesse per comprendere la polarità DA-IM nei bambini con ADHD: movimento e attenzione sono gli pseudopodi utilizzati per raggiungere un equilibrio ottimale fra stimolazione interna e stimolazione esterna. Quando questo equilibrio viene rotto e la stimolazione tende a essere traumatica o carenziale, possono emergere meccanismi paradossali nelle sinergie necessarie fra attenzione e movimento. Nella sindrome ADHD attenzione e movimento possono essere due funzioni utilizzate l’una al servizio dell’altra oppure l’una contro l’altra.
ABSTRACT
Children with attention-deficit disorder (add) may or may not have Hyperactivity (H). The relationship between add and H is interpreted in the light of a developmental hypothesis: 1. H can be considered as a significative defensive mechanism against add and not only a more severe symptom of add; 2. add can be considered as an active fragmentation mechanism of relation with the object and of the representation of the object. on the basis of pertaining clinical material, four clinical situations are considered, each containing a different balancing of the binomial add -IM
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