Covid-19, lockdown e le conseguenze dell’interruzione della terapia neuro psicomotoria nei pazienti con disgrafia - Dott.ssa TNPEE Martina Verdese

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Premessa

I Disturbi Specifici dell'Apprendimento (DSA) vengono definiti “specifici” perché interessano in modo significativo ma circoscritto uno specifico dominio di abilità, lasciando intatto il funzionamento intellettivo generale, in bambini con QI (Quoziente Intellettivo) uguale o superiore alla media.

Per poter formulare la diagnosi di DSA è necessario che vi sia una discrepanza significativa tra le abilità nel dominio specifico interessato (valutate in relazione all’età e alla classe frequentata) e l’intelligenza generale.

Nella Consensus Conference del 2007 sono stati individuati come caratteristici dei DSA la natura “evolutiva” di questi disturbi, la diversa intensità del disturbo nelle diverse fasi evolutive dell’abilità in questione e la frequente associazione ad altri disturbi (comorbilità).

La comorbilità consiste nella presenza contemporanea di due condizioni anomale che possono essere di origine diversa o l’una la causa dell’altra.

Spesso, in ambito neuropsicomotorio, ci troviamo di fronte a bambini con DSA che manifestano diverse comorbidità tra cui Disturbi d’ansia, Disturbi del comportamento, Disturbi dell’umore, ADHD (Deficit dell’attenzione e iperattività), Disturbi di carattere somatico.

Inoltre il bambino può dimostrare ridotto interesse e motivazione nello studio o nella vita quotidiana, scarsa autostima, difficoltà nel ragionamento logico, ecc generando un circolo vizioso di potenziamento reciproco. (CC-2007)

 

La Disgrafia: inquadramento diagnostico

I principali sistemi di classificazione e diagnosi dei disturbi del neurosviluppo, tra cui il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali – Edizione IV TR (DSM IV-TR), per molto tempo hanno inquadrato all'interno della classe dei Disturbi Specifici dell'Apprendimento scolastico la Disgrafia.

Essa è, per definizione, un disturbo dell'apprendimento e dell'automatizzazione della grafia, che si manifesta con una difficoltà nell'abilità motoria della scrittura.

All'interno dell'ultima edizione del DSM-5, tuttavia, la diagnosi e il termine di disgrafia hanno subito un'importante trasformazione. Non vi è loro traccia, infatti, all'interno dei Disturbi dell'Apprendimento scolastico, se non in un breve cenno alla possibilità che i bambini con DSA possano presentare una “perdita di espressione scritta”, intesa anche in termini di qualità motoria della grafia. Troviamo invece il termine di disgrafia tra i segni e le caratteristiche del Disturbo di Sviluppo della Coordinazione Motoria, le cui implicazioni sensoriali, di coordinazione oculo-manuale e oculo-motoria globale, di motricità fine, di postura, delle funzioni esecutive, trovano nell’approccio terapeutico integrato del TNPEE e nell’intervento neuropsicomotorio centrato su interazione tra funzioni e strutture corporee, specifico per fasce di età e per singoli stadi di sviluppo, una risposta coerente con la complessità del disturbo.

Come molti disordini del neurosviluppo, anche la disgrafia, sia che la si consideri una difficoltà di sviluppo della coordinazione motoria o un Disturbo Specifico dell’Apprendimento, si presenta con espressività cliniche differenti in cui tuttavia l'apprendimento e l'automatizzazione della scrittura risultano in misura maggiore o minore compromessi così come la grafia stessa del bambino.

 

Disgrafia e Covid19: esperienze a confronto.

Nella pratica clinica del Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva l’invio per la valutazione e la terapia di bambini con sospetta o accertata disgrafia è molto frequente; se in situazioni di normalità la presa in carico e il trattamento sono complessi poiché necessitano della collaborazione della famiglia e della scuola, oltre ad implicare un’alleanza terapista/paziente, durante la pandemia Covid-19 ed il conseguente lockdown, l’improvvisa ed inaspettata interruzione dei trattamenti in presenza ha prodotto ulteriori difficoltà e ripercussioni sui nostri piccoli pazienti.

Questo periodo di “sospensione” dalla normale routine ha investito in pieno tutti noi, ma l’interruzione delle lezioni e della frequentazione scolastica ha inciso sulla sfera sociale, catapultando i bambini in un ambiente chiuso per circa due mesi, ma non solo. Oltre alle conseguenze sul piano dell’esercizio quotidiano della scrittura lettura, ecc sono emerse problematiche a livello della motricità globale dovute all’aumento della sedentarietà e alla interruzione delle attività sportive, oltre che nella motricità fine derivate dal minore esercizio quotidiano e maggior utilizzo dei videogiochi.

Le giornate non più scandite da tempi e routine stabilizzanti e la perdita in alcuni casi dei normali ritmi sonno-veglia hanno favorito l’insorgere di comportamenti sregolati, di ansia, depressione, svogliatezza, disattenzione, hanno reso ancora più complicata la possibilità di intervento neuropsicomotorio a distanza attraverso le varie piattaforme di videochiamata.

Anche la famiglia, costretta a casa e con problematiche lavorative, ha spesso “mollato la presa” o ha seguito con fatica i suggerimenti e le indicazioni del terapista.

Sul versante scuola gli insegnanti hanno fatto ciò che potevano con i mezzi a disposizione, consapevoli che la didattica a distanza privava i bambini dello spazio classe, dell’incontro/confronto con i pari e dell’interazione/ supervisione da parte dell’insegnante, fondamentali per la crescita e la motivazione ad apprendere.

Al termine del periodo di lockdown la stragrande maggioranza dei centri privati e dei servizi pubblici ha ricominciato a rilento le terapie, causa tempi tecnici di disinfezione e riorganizzazione dei locali, delle presenze e degli orari dei terapisti; a settembre i bambini che hanno ripreso le terapie hanno manifestato peggioramenti o regressioni in molteplici aspetti.

Di seguito tre esempi di soggetti in terza elementare in cui il confronto tra le competenze acquisite a Gennaio 2020 e quelle rilevate a Settembre 2020 mostra in modo evidente i cambiamenti dovuti all’interruzione della terapia in presenza.

In particolare, durante il lockdown per il Codiv-19 e nel periodo seguente:

  • • R. ha eseguito settimanalmente esercizi tramite video/ foto/ videochiamate e ha svolto quasi quotidianamente le attività indicate dal Tnpee con il supporto della tata, molto collaborante e formata sulle difficoltà del bambino;
  • • L. ha inizialmente eseguito esercizi per la grafia, ma ha interrotto le sedute a causa di problematiche lavorative dei genitori.
  • • A. ha seguito settimanalmente la terapia distanza con il supporto della mamma, che però riusciva a fargli svolgere le attività solo una volta settimana.

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Considerazioni finali

Dall'esperienza svolta in qualità di TNPEE durante questo periodo di lockdown, rispetto alla presa in carico di bambini con disgrafia, scaturiscono le seguenti constatazioni:

  • I bambini che hanno seguito gli esercizi quotidianamente le attività suggerite, hanno mantenuto quasi tutti i miglioramenti, con un leggero calo della qualità grafica e dell’attenzione durante l’attività di scrittura.
  • I bambini che hanno svolto le attività in maniera saltuaria, una volta a settimana, o che le hanno quasi completamente interrotte si trovano ora in difficoltà e mostrano evidenti peggioramenti.
  • La qualità della grafia, migliorata durante il trattamento negli aspetti relativi alla fluidità, alla scioltezza, alla pressione della traccia, ma non ancora stabilizzata risulta regredita in quasi tutti i casi con la ricomparsa dei dolori articolari e muscolari alle dita, alla mano e al braccio.
  • L’impugnatura ha mantenuto le correzioni effettuate.
  • Il ruolo della famiglia, o di chi si prende cura del bambino, è fondamentale, in quanto risulta imprescindibile per la generalizzazione e la stabilizzazione delle competenze acquisite in terapia.

Dal punto di vista comportamentale inoltre ho ritrovato i bambini seguiti demotivati e meno inclini a seguire le regole date dalla terapista, sfociando addirittura, in alcuni casi, nel rifiuto e nella provocazione. Nonostante il lockdown abbia consentito di implementare l’uso della tecnologia e di raggiungere i bambini e genitori nei loro abituali contesti di vita, la terapia neuropsicomotoria diretta e in presenza, calibrata e modulata sul singolo bambino e sulle interazioni che si realizzano nel qui ed ora della vicinanza fisica e corporea sia la modalità più potente per stimolare miglioramenti non solo a livello della competenza deficitaria, ma anche dal punto di vista dello sviluppo emozionale e del comportamento pro-sociale.

 Dott.ssa TNPEE Martina Verdese

 

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